Dipendenza dai videogiochi, comunichiamo realmente?
- Tiziana di Fazio
- 8 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min

Sono da poco trascorse le festività natalizie e molti di noi hanno impiegato del tempo a leggere e ad inviare messaggi telefonici di auguri. A quante persone abbiamo però telefonato per augurare “”buon Natale”? Con quante persone ci siamo visti, abbiamo organizzato un incontro, per scambiarci gli auguri? Sicuramente con una quantità minore rispetto a tutte quelle che abbiamo contattato invece tramite sms o chat; mezzo comunicativo che probabilmente abbiamo utilizzato anche con persone care, lontane fisicamente. Sicuramente il cellulare accorcia le distanze, riduce i limiti spazio-temporali tra le persone ma sempre più questo tipo “comunicazione telefonica” sta sostituendo la “comunicazione reale”, che è cosa ben diversa da quella tecnologica. La comunicazione vis-à-vis infatti è costituita da alcune dimensioni non presenti in quella telefonica, come ad esempio quella non verbale e paraverbale (i gesti attuati dall’interlocutore, la mimica facciale, il tono della voce, la postura, le pause tra una frase e l’altra, ecc.), attraverso la quale riusciamo a cogliere quella parte emozionale così importante in ogni tipo di comunicazione. Sicuramente gli “emoticon” ci vengono in aiuto per comunicare al nostro interlocutore il nostro stato d’animo: se stiamo scherzando o siamo realmente arrabbiati per esempio. Ma nella maggior parte dei casi, essi non sono sufficienti ad esprimere chiaramente qual è realmente il nostro vissuto. Ci si corteggia tramite il cellulare, si inizia una relazione attraverso una chat e, a volte, ci si lascia tramite un messaggio. Si comunica in maniera veloce, senza tempi di attesa (necessari invece per integrare l’aspetto emotivo con quello cognitivo), ci si sente apparentemente meno soli perché ci si illude di essere in contatto con molte persone, con le quali però non siamo realmente in relazione. I soggetti più a rischio dell’abuso di questo tipo di comunicazione sono gli adolescenti (abbiamo parlato qualche articolo fa della particolare fase di transizione), in quanto vivono un periodo in cui l’apprendimento delle modalità di contatto sociale reale e lo sviluppo delle capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni, rappresentano acquisizioni molto importanti. Inoltre in questo periodo avvengono anche delle trasformazioni a livello neurobiologico che subiscono l’influenza di un uso eccessivo del cellulare, cosa purtroppo molto frequente nei giovani (e a volte anche negli adulti). Durante il periodo adolescenziale la maggior parte dei genitori è molto preoccupata che i ragazzi facciano uso di sostanze che provocano dipendenza, ma è importante evidenziare che le dipendenze sono anche quelle comportamentali e che queste agiscono sugli stessi circuiti neuronali su cui agiscono le dipendenze da sostanze. Un uso eccessivo del telefonino crea dipendenza e può dar luogo a diversi tipi di patologie, come ad esempio la nomofobia (paura di rimanere sconnessi), la ringxiety (ansia da smarphone), il vamping (ore notturne trascorse sui social). Alcune ricerche hanno evidenziato che stare connessi anche di notte può modificare alcune aree cerebrali poiché è un’attività che interferisce con il sonno, sviluppa ansia, abbassa la soglia dell’attenzione e aumenta il rischio di aggressività. Recentemente l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ha anche riconosciuto come patologia la dipendenza da videogiochi ed ha pianificato di inserirla, nel 2018, nella prossima edizione della International Classification of Diseases, la classificazione internazionale delle malattie. È necessario quindi, come genitori ed educatori, prenderci cura di “quest’età di passaggio”, età in cui si strutturano competenze intellettive, affettive, relazionali, si apprende la gestione delle frustrazioni e del rapporto con il piacere e la gratificazione, attenzionando come i figli passano il loro tempo libero e quanto di questo tempo impiegano nell’uso del cellulare. Ovviamente come terapeuta (anche come mamma di un ragazzo preadolescente), è da molto tempo che mi interesso all’argomento e lavoro insieme ai genitori affinché questi, pur non vietando l’uso del telefonino, regolamentino il suo utilizzo, concordando con il figlio adolescente degli spazi di autonomia, di libertà dall’uso del cellulare. Sia la famiglia che la scuola possono svolgere un’attività di prevenzione, stimolando nei ragazzi lo sviluppo e l’acquisizione di una serie di competenze definite sociali (life skills), quali ad esempio l’empatia, la comunicazione e il problem-solving, diffondendo informazioni circa gli effetti della dipendenza da cellulare e promuovendo attività che stimolino l’adolescente ad uscire di casa e ad incontrarsi con i coetanei.
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