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Come affrontare il dolore della separazione

  • Tiziana di Fazio
  • 17 gen 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

“Buongiorno”, disse la volpe.


“Buongiorno”, rispose il piccolo principe, “Chi sei?”


“Sono una volpe”.


“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe.


“Non posso giocare con te”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.


“Che cosa vuol dire addomesticare?”, disse il piccole principe.


“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire: creare dei legami…” disse la volpe, “Tu fino ad ora, per me sei un ragazzino uguale a centomila ragazzini”. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo ed io sarò per te unica al mondo”… “se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana, come musica … i campi di grano non mi ricordano nulla e questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro, allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato”. Il grano che è dorato, mi farà pensare a te …”.


Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:


“Ah!, disse la volpe, … piangerò”.


“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi …”.


“È vero”, disse la volpe.


“Ma piangerai!” disse il piccolo principe.


“È certo”, disse la volpe.


“Ma allora che ci guadagni?”, disse il piccolo principe.


“Ci guadagno”, disse la volpe, “il colore del grano …”.


Antoine de Saint-Exupéry (Il piccolo principe)


La volpe e il Piccolo Principe si sono presi cura l’uno dell’altro e questo ha creato un legame molto importante tra loro, un legame di attaccamento, un legame unico e speciale. L’addomesticamento simboleggia la predisposizione di ogni essere umano a creare una relazione con qualcun altro, non una semplice conoscenza o frequentazione, bensì una relazione, caratterizzata da una condivisione di sentimenti, emozioni e pensieri. Un legame costituito da rituali e abitudini (es. orari in cui ci si incontra, un luogo specifico che si frequenta, ecc.), che tendono a rinforzare la relazione e a fornire un senso di stabilità. Un lento e graduale avvicinamento che richiede impegno, costanza e responsabilità verso l’altro. Impariamo ad amare l’altro, ci “prendiamo cura dell’altro” e lo rispettiamo nel suo modo di essere. Tutto ciò è una vera e propria “magia”. Dalla relazione nasce un “noi”, caratterizzato da un senso di appartenenza che coinvolge i membri della coppia in modo unico e speciale e ciò ovviamente rende molto dolorosa un’eventuale separazione. Tanto più si è creato un legame di attaccamento, tanto più ci sarà sofferenza nel separarsi dalla persona amata. Il dolore che segue la separazione è un vero e proprio lutto, caratterizzato da diverse fasi: la negazione (“non sta succedendo a me”); la rabbia (“non è giusto”, “è colpa sua”); la contrattazione (“non farò più gli stessi errori”, “devo farcela”); la depressione (“è finita per sempre”, “non ha senso più nulla”); l’accettazione (“posso voltare pagina”, “è stata una persona importante”). Questo processo fisiologico richiede del tempo e per la persona che lo vive è sicuramente molto doloroso. In alcuni casi si ritiene di “aver subito la perdita” (“non avrei mai pensato di arrivare a questo punto”, “se n’è andato improvvisamente”, “io non volevo separarmi”), e si vive la separazione come un attacco alla propria integrità, alla propria autostima. In questi casi, la fisiologica elaborazione del dolore può essere ostacolata e la persona può rimanere bloccata in una delle varie fasi, senza riuscire ad andare avanti. In questi casi non sarà sufficiente condividere il proprio dolore con la propria rete familiare e amicale, che sicuramente potrà svolgere una funzione di supporto emotivo e renderlo più tollerabile, ma sarà importante anche intraprendere un percorso che aiuti ad uscire fuori dallo stallo in cui ci si trova. Un percorso di crescita personale, attraverso l’espressione e l’elaborazione dei vissuti interni, aiuta la persona ad integrare la separazione nella propria vita (“è successo qualcosa di molto brutto per me e piano piano posso rendermene conto e accettarlo”). Aiuta la persona a riconoscere il ruolo che ha avuto all’interno della coppia, quale “copione” ha agito. Aiuta a contattare il fatto che oltre la sofferenza che vive attualmente, attraverso quel rapporto d’amore, e con quella persona, si sono vissuti anche dei momenti di felicità, conseguenti alla connessione tipica dell’esperienza di amore e che attraverso la relazione si è venuti anche a contatto con le proprie risorse personali e le ricchezze interne. Ognuno infatti ha una propria modalità di donarsi all’altro e, attraverso la relazione d’amore, ognuno contatta dentro di sé una serie di qualità e di caratteristiche che gli appartengono. Queste non cesseranno di esistere in quanto proprie e non scompariranno con la fine del legame. Potranno essere messe a disposizione per la propria vita e per eventuali progetti futuri.


 
 
 

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